mercoledì 30 ottobre 2013

STOP

STOP


La sera cala, le luci si affievoliscono. La televisione riferisce fatti di cronaca. Violenze, conflitti, orrori la fanno da padrone. Poco dopo stessi scenari snocciolati da talk show, trasmissioni popolari. Il cuore si incupisce e si addormenta assediato da angosce e mille preoccupazioni. L’indomani è una nuova battaglia, una corsa contro il tempo di una giornata da tirare come la sfoglia della pasta, spesso difficile e faticosa. Ed è di nuovo sera. E tutto ricomincia a girare come una ruota.
STOP. Mi metto in pausa. Per un po’ ritorno in me, ricerco i miei confini, la luce, la speranza. Se abituo i miei occhi la buio non riconosco, né apprezzo più la luce. La vita è anche questo: uno spicchio di sole che ti accarezza la pelle, una passeggiata in mezzo alla natura, una chiacchierata con un buon amico, un pianto commosso guardando un bel film. Abbiamo bisogno anche di leggerezza nel cuore, di riposare senza incubi di battaglie mediatiche, di serenità. Di riempire la nostra esistenza non solo con sfumature di grigio, ma anche utilizzando una tavolozza di colori. Perché siamo colore, siamo calore, siamo amore, che è tutto questo. STOP. Ricomincio da me, dai miei occhi, dai miei orecchi, dal mio respiro, dalla mia pelle, che si nutrono di vita e vitalità. Scendo dall’autobus e vado a piedi, scendo dalla giostra e mi siedo su una panchina. Al sole.


Saveria de Vito

venerdì 13 settembre 2013

Municipio III, Evangelista: "Un atto concreto nei confronti dei più deboli"



"Le istituzioni si costituiscano parte civile nei processi per violenze sulle donne e minori"


Comunicato Stampa

Il tema degli abusi e delle violenze sulle donne e sui minori, riemerge continuamente sulle pagine di cronaca dei giornali.  Nonostante la diffusa e pubblica indignazione, troppo spesso assistiamo a soluzioni vergognose dei processi, con ulteriore danno ed umiliazione per le vittime.
La recente notizia relativa al caso della giovane Francesca, ne è un evidente esempio.
Ma di casi ne potremmo citare a centinaia, non ultimo quello dello stupro di Montalto di Castro. Ci chiediamo allora cosa possiamo fare: non certo trovare la soluzione definitiva, ma almeno dare un forte supporto alle vittime.  Le istituzioni a partire dal Comune, devono costituirsi parte civile nei processi contro chi si è macchiato di tali crimini.
Chiedo quindi al presidente del Municipio Paolo Marchionne e al sindaco di Roma Ignazio Marino di impegnarsi affinchè tale proposta giunga ai tavoli dei rispettivi consigli. Un atto concreto nei confronti dei più deboli.  Fatti e non parole.
Lo dichiara in una nota  Riccardo Evangelista, Lista civica Marchini III Municipio
 Riccardo Evangelista

venerdì 6 settembre 2013

Inaugurazione CAV San Ponziano

Aderiamo ed invitiamo a partecipare all'inaugurazione del Centro Aiuto alla Vita presso la parrocchia S. Ponziano a Roma, domenica 8 settembre 2013 dalle ore 16,30.
 
La comunicazione, le ideologie, l'economia, la politica troppo spesso ci invitano ad una cultura di morte.
 
La morte viene intesa, proposta ed auspicata come soluzione dei problemi individuali e collettivi.
 
Avviene così che la morte ci venga declinata come una necessità, un momento di libertà, di progresso, come occasione di affermazione di un diritto soggettivo.
 
Eppure, questa cultura, arriva ad un punto oggettivo che nessuno può trascurare o nascondere: c'è sempre chi uccide e chi è ucciso.
 
Questo non può appartenere alla nostra umanità, al nostro essere umani.
 
Difendere e proporre la vita diventa, allora, non solo un dovere naturale ma soprattutto un modo di leggere la storia, di intendere i rapporti personali, economici, sociali, di agire concreto.
 
Agire concretamente trovando il modo di sostenere iniziative come questa sono la migliore risposta che possiamo dare.
 

mercoledì 31 luglio 2013

FIGLI NATURALI FIGLI LEGITTIMI

E’ di questi giorni la notizia che arriverà in Consiglio dei Ministri il provvedimento del governo di attuazione della legge delega approvata dal Parlamento nel 2012 sulla parificazione tra figli legittimi e figli nati  fuori dal matrimonio. Provvedimenti, da molti ed anche da noi, salutati come positivi e doverosi. Ci sembra, ulteriormente, opportuno riflettere come il legislatore si sia occupato di tutelare gli interessi dei figli nati fuori dal matrimonio parificandoli a quelli legittimi senza porsi il problema che questi figli in costanza di un contesto matrimoniale (concepiti durante il rapporto matrimoniale), sono la conseguenza di una rottura dell’obbligo reciproco di fedeltà previsto per i coniugi dall’articolo 143 del codice civile. Chiediamo e ci chiediamo: la rottura dell’obbligo di fedeltà non dovrebbe trovare una adeguata cornice giuridica a tutela degli interessi morali e materiali degli altri componenti della famiglia? Se è opportuno e meritevole tutelare le conseguenze degli atti di un coniuge (i figli non possono essere responsabili dei comportamenti dei genitori) non è altrettanto opportuno e necessario tutelare gli altri membri della famiglia da azioni concretamente tese a violare gli impegni liberamente presi dal coniuge stesso? Il venir meno alla parola data, il cosciente, consapevole, meditato e premeditato minare un progetto di vita solennemente, liberamente, in privato e in pubblico sottoscritto non desta allarme sociale tanto quanto la necessità di tutelare gli effetti di questi comportamenti? Evidentemente il legislatore non solo non ritiene l’esplicita e consapevole violazione dell’obbligo di fedeltà un crimine (al massimo giustifica la richiesta, di parte, di divorzio dell’altro coniuge) ma ritiene il soggetto che si è reso responsabile ancora meritevole di educare mantenendo intatti i suoi diritti di potestà genitoriale, come se l’esempio dato con i propri comportamenti fosse, nei confronti della società, del coniuge tradito, della prole, meritevole ed approvabile o, in ogni caso, irrilevante ai fini educativi. Crimine sembra una parola forte? Cosa dire allora delle situazioni in cui un coniuge contrae malattie, anche mortali, durante rapporti sessuali extraconiugali e le trasmette, consapevolmente o inconsapevolmente,  al coniuge ignaro? Non dovrebbero esserci gli estremi del tentato omicidio? L’aspetto della fedeltà non è l’unico punto di rottura, nel contesto segnalato, del contrattto matrimoniale. Vi è anche quello dell’obbligo di “collaborazione nell’interesse della famiglia” sempre riportato dall’articolo 143 del c.c. Un momento importante della nostra legislazione perché conferisce ai concreti comportamenti dei coniugi una rilevanza non solo reciproca ma anche nei confronti di terzi (gli appartenenti alla famiglia). Le relazioni extraconiugali sono improntate ad un rafforzamento “dell’interesse della famiglia” o ad un suo indebolimento? Se riteniamo, per scelta per scienza o coscienza che possano costituire un indebolimento non possiamo non chiedere al legislatore di attivarsi a tutela dell’istituto matrimoniale. Se riteniamo, per scelta per scienza o coscienza che possano costituire un rafforzamento non possiamo non chiederci che modello di società stiamo costruendo? Fino a che punto la disarticolazione dei rapporti matrimoniali e familiari, come li conosciamo e li abbiamo codificati, sia un momento di libertà e non un limite alla crescita individuale e collettiva della nostra società. Dopo la legislazione sul genere (cittadinanza di genere, preferenze elettorali alternate per genere, violenza di genere) che ci vorrebbero privare della naturale suddivisione dei sessi, ci sembra che dietro alla legislazione sulla parificazione dei figli si nasconda la volontà di rendere la compromissione del contesto matrimoniale, in questo caso in relazione all’aspetto della fedeltà e della collaborazione nell’interesse della famiglia, come normale, accettabile ed accettato.  Luigi Milanesi

domenica 23 giugno 2013

23 giugno 1980 - Il giudice Mario Amato viene vilmente assassinato

Roma - Trentatré anni dopo siamo qui per testimoniare che il sacrificio dei giusti non è mai vano.
Siamo qui per dire grazie a tutti quegli uomini che quotidianamente hanno scelto di fare la cosa giusta.
Per ciò, questa mattina eravamo di fronte al monumento in memoria di Mario Amato, uomo di giustizia brutalmente ucciso dai N.A.R.. 
Un uomo che ormai vicino alla verità fu abbandonato anche dalle istituzioni che gli negarono la scorta, nonostante fosse noto il rischio che correva.
Ma questo non lo fermò perché quando un uomo è convinto di fare il giusto, prosegue nella sua strada, anche se questa lo porterà alla morte.
Siamo qui per tenere viva la memoria, perché grazie alla memoria saremo in grado di correggere i nostri passi.
La stretta di mano con la vedova del giudice, vale più di mille parole.
Le parole del presidente delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, della consigliera comunale Gemma Azuni e del presidente del III municipio Paolo Marchionne, devono risuonare come monito per il nostro futuro. Non dimenticare la nostra storia.


martedì 4 giugno 2013

Il frutto del nostro impegno

Carissimi amici,

a più di una settimana dal voto ancora dati ufficiali non ne escono, posso però dirvi che con poco meno di 400 voti sono il primo della lista Marchini del nostro municipio.

Un risultato frutto del lavoro di tutti noi e della vostra fiducia, che purtroppo a breve difficilmente ci premierà come sperato ma che di sicuro non passerà inosservato.

Questo ci deve spingere a non fermarci e a continuare con lo stesso impegno che ci ha consentito di raccogliere tanto consenso nonostante fossimo per la prima volta impegnati in una competizione del genere.

Saremo sicuramente una voce che sarà ascoltata.

Organizzati e sempre costantemente in contatto prepareremo tavoli di lavoro sui diversi temi che riterremo importanti nel nostro territorio e oltre.

Inizia perciò una entusiasmante avventura che ci vedrà sempre più protagonisti.

Grazie a tutti e occhio agli aggiornamenti.

con tutto il cuore

Riccardo Evangelista
ricpiccola

domenica 28 aprile 2013

UNA CANDIDATURA AL CARDIOPALMA


L’idea della candidatura di Riccardo Evangelista nasceva da
due constatazioni e due convinzioni:


La prima convinzione è che la nascita della “seconda repubblica” si fosse troppo, direi esclusivamente, concentrata sugli aspetti tecnici del funzionamento del paese e non sugli aspetti morali che sono poi quelli che, in definitiva, permettono ad una collettività di progredire. A nessuno ormai sfugge il fatto che della tensione morale che ha caratterizzato il nostro paese in quella che viene chiamata “prima repubblica” oggi non se ne ritrovi traccia. Colpisce, inoltre, osservare che la “seconda repubblica” in qualche modo era nata sulla spinta di una visibile reazione popolare, oggi assistiamo ad una assuefazione alla malagestione.
La seconda convinzione era che fosse stato un errore aver rinunciato a proporre o riproporre il tipo di morale a cui volessimo ispirarci. In pratica l’aver fatto intendere che bastasse ispirarsi ad una pubblica proposizione di un generico “bene comune” senza l’aggettivo “cristiano” avrebbe di per sé fornito una sufficiente copertura culturale, garantito una classe dirigente e comportamenti “virtuosi”. La realtà, invece, ci faceva osservare che il “bene comune” involveva in “bene particolare” degenerando in una spirale corruttiva, di cui non se ne intuisce il limite e che, purtroppo, anche molti politici cristiani finivano per dimenticare l’aggettivo “cristiano” in nome del politically correct (o semplicemente perché si vergognavano di quello che facevano). Questo errore culturale contribuiva a degenerare la situazione.
Bisognava, allora, trovare un personaggio che avesse un vissuto cristiano (per formazione e azione culturale), che fosse
totalmente nuovo (interessato ma non impegnato) nell’ambiente politico, che volesse impegnarsi in politica, che fosse dalla politica economicamente autonomo (avesse già un lavoro), intendendo questo come un elemento aggiuntivo a garanzia della sua libertà di giudizio.
Serviva anche un’altra condizione: doveva avere un  impegno familiare.
Questo aspetto, che come si può immaginare può tramutarsi in un peso per l’attività politica, è fondamentale nella visione della società che noi intendiamo.
Se noi intendiamo la famiglia come base della società non possiamo non proporre pubblicamente modelli che nella famiglia trovano la fatica e la gioia della loro azione quotidiana.
Cose più facili a dirsi che a farsi.
In questo quadro è maturata la candidatura di Riccardo Evangelista.
Il collocamento partitico vedeva nell’UDC un naturale interlocutore.
Succede, però, che l’UDC semplicemente si sfalda, mentre le ultime elezioni politiche restituiscono al centro la concretezza di un forte voto di opinione (nella forma aggregata con la Lista Civica per Monti con circa il 10,00%) l’apparato del partito riceve una sconfitta senza precedenti.
La sconfitta elettorale dell’UDC è talmente forte che il partito decide di non presentarsi.
Contemporaneamente anche la Lista Civica per Monti decide di non presentarsi.
Rimaniamo senza interlocutori. 
Intanto il centrosinistra, per la verità praticamente sinistra,
sceglie come candidato a sindaco Marino, un nome per noi non solo culturalmente distante ma decisamente contrario, ci divide principalmente la valutazione su quelli che noi cristiani chiamiamo i valori non negoziabili.
Il centrodestra, per la verità praticamente destra, sceglie come candidato l’uscente sindaco, cosa questa per noi totalmente
inaccettabile visto il giudizio negativo sulla gestione della città di questi anni . Riteniamo, inoltre, che le vicende che hanno coinvolto anche consiglieri del comune di Roma o rappresentanti delle municipalizzate impongano, almeno, un momento di riflessione; anche qui, in definitiva è una questione di valori non negoziabili.
Venivamo intanto in contatto e poi in accordo con Elisabetta Parise esponente del gruppo giovani della fondazione “Formiche”
impegnata a costruire una rete romana a sostegno della sua candidatura al comune e con caratteristiche personali simili a quelle di Riccardo e con la stessa voglia di “fare”.
In posizione distaccata, prendeva intanto quota, la candidatura a sindaco di Alfio Marchini.
Tale candidatura si poneva distinta e distante dalle esperienze politiche della nostra città e nella sua novità ci incontrava e concordava sia sul piano dei principi che dei valori.
Ecco, allora, il naturale sbocco nella lista civica a sostegno di Alfio Marchini (quella con il cuore).
Cri, cri, cri, cri eppure un tarlo ancora ci provocava.
Provocazione sollecitata anche da tanti amici che in buona fede, conoscendoli ne siamo certi, ci sottolineavano il problema della rilevanza. Pur condividendo l’inagibilità del sistema e la giustezza di una nostra terza collocazione osservavano come, alla fine, potessimo essere irrilevanti e sarebbe stato opportuno, in ogni caso, trovare una posizione all’interno dei due schieramenti più grandi con maggiori probabilità di essere eletti. Se poi i contenitori non erano proprio accettabili, l’importante, anche in una situazione non agevole, erano i contenuti, la possibilità di fare, sempre e in ogni caso, del “bene”.
In effetti . . . . . .
Qui, però, non stiamo comprando un tosaerba, non stiamo pensando di trovare un esperto di fogne, di giardini pubblici o di sensi unici, siamo convinti che di tosaerba, esperti di fogne, giardini pubblici e sensi unici ce ne sono tantissimi e sicuramente migliori di noi.
Noi non siamo una organizzazione filantropica, noi non siamo dediti al “bene”.
Noi ci impegnamo al “bene” in base a quello che siamo e quello che siamo si articola principalmente in un giudizio morale (cristiano) a cui ci sottoponiamo per pensieri, parole, opere ed omissioni e a cui sottoponiamo, anche, i nostri compagni di strada.
Non valutiamo solo le “opere” ma come ci è stato insegnato anche i pensieri, le parole e le omissioni.
A questo ci atteniamo non solo nei comportamenti privati ma anche a quelli pubblici in politica come in economia.
Se analizziamo i fatti in questa luce, avviene, purtroppo non di rado, che le opere spesso spacciate per “buone” altro non sono che abili azioni di marketing per costruire carriere, sviluppare interessi, nascondere fatti, o distogliere l’attenzione a tutela di chi spesso oltrepassa il limite della legalità.
Riflettiamo, ancora, su un altro aspetto: è davvero possibile testimoniare, i nostri principi, i nostri valori (come quelli non
negoziabili) in contenitori con compagni di strada che per formazione culturale o pratici comportamenti non condividono ma ci accolgono per evidenti fini elettorali?
E’ possibile avere frequentazioni “particolari” e sostenere “io sono diverso”?
Ecco, noi pensiamo che questo non sia possibile, noi pensiamo che la testimonianza sia fatta, anche, della costruzione di luoghi in cui i nostri principi e valori siano respirabili, condivisi e proponibli senza ambiguità; questa è la nostra rilevanza, la nostra utilità.
In ultimo valgono le considerazioni che se non staremo in piedi sui nostri principi e valori non staremo in piedi affatto, se non saremo noi a difenderli non ci sarà nessuno che li difenderà per noi.
Non ci riteniamo migliori di chi, in buona fede (tra cui molti amici che speriamo cambino idea) ritiene di effettuare valutazioni e comportamenti diversi dai nostri a noi basta per questo essere conosciuti e riconosciuti.
E adesso, muoviamoci . . . . .

Luigi Milanesi

domenica 14 aprile 2013

Le cosiddette politiche per la famiglia - Il quoziente Roma


 L’avvicinarsi della campagna elettorale per il rinnovo dei rappresentanti al comune di Roma e nei nostri municipi riporta al centro del dibattito, questa volta cittadino, le questioni riguardanti la famiglia.

Purtroppo una parte delle forze politiche (comunemente identificate nell’ambito della “sinistra”) ha esplicitamente scelto un candidato per la carica di sindaco un personaggio  distante dai nostri principi e valori, cosa questa che, per noi, lo rende improponibile.

Un’altra parte delle forze politiche, (comunemente identificate come “destra”) ha scelto di proporre la riconferma del sindaco uscente.

Riconferma che non tiene conto, a nostro avviso, delle incredibili vicende avvenute in questi anni di governo cittadino.

Anche in questo caso noi riteniamo di non confonderci.

Se la “famiglia” è attaccata frontalmente da una miriade di proposte (riconoscimento delle coppie di fatto, adozioni a nuclei omosessuali, etc...) essa è anche attaccata da un uso e abuso, strumentale ai fini elettorali, del suo termine.

Un uso e abuso, che tende a confondere per costruire una carriera elettorale o far dimenticare certi comportamenti, dell’utilizzo della parola “famiglia” evocando, così, concetti che nella realtà non trovano riscontro, per certi versi questo può essere inteso come l’attacco più subdolo.

Abbiamo, quindi, deciso di spendere una parola di verità sul “quoziente familiare” al fine di spiegare cosa sia e smascherare coloro che utilizzano questo termine per evocare un impegno verso la “famiglia” che, come vedremo, non esiste.

In via preliminare dobbiamo dire due cose:

  • non abbiamo allo stato attuale una definizione, univoca e condivisa, di “quoziente familiare” e nemmeno una sua, univoca e condivisa,  evidenza operativa, in sostanza ne esistono diverse versioni e questo pone, quantomeno un problema analitico metodologico e comparativo;

  • in generale, il sistema fiscale adottato, favorisce o meno l’azione di intervento dello stato e la distribuzione del carico fiscale tra i contribuenti ma non risolve il problema della sufficienza delle risorse, se la coperta è troppo corta un diverso sistema fiscale la sposterà da una parte o dall’altra del letto ma rimane sempre corta.
  
Esistono diversi sistemi fiscali.

Nel corrente indirizzo si preferiscono i sistemi fiscali basati sulla capacità contributiva del soggetto passivo d’imposta.

In diversi paesi la capacità contributiva del soggetto passivo di imposta qualificato come persona fisica tende a comprendere oneri gravanti a soggetti a lui collegati.

Il collegamento viene individuato nel concetto di “famiglia fiscalmente rilevante”.

Questo è già in vigore oggi in Italia.

Il meccanismo è attuato attraverso il sistema delle deduzioni (diminuzioni dell’imponibile fiscale) e delle detrazioni (diminuzioni dell’imposta dovuta).

La proposta, come ho segnalato prima è ancora in cerca di definizione, si basa sulll’intuizione di abbattere l’imponibile fiscale del soggetto passivo in base alla quantità (1/2/3/4, etc. figli)/qualità (figli sani, portatori di handicap, invalidi, etc. ) dei componenti il nucleo familiare.

Quindi da una parte abbiamo un sistema che individua il tipo di spesa da agevolare con il meccanismo delle deduzioni e detrazioni, dall’altra abbiamo un meccanismo che abbatte l’imponibile lasciando al soggetto passivo d’imposta la libertà di spesa del risparmio fiscale.

Il meccanismo attualmente in vigore è migliore.

Ad esempio se si vuole agevolare l’acquisto di carrozzine per portatori di handicap basta prevedere una deduzione o una detrazione in materia, lo stesso vale per le spese sanitarie o quelle di istruzione e così via come attualmente avviene.

Il meccanismo del quoziente non garantisce l’intervento agevolativo perché prevedendo un generale abbattimento di imposta non obbliga il soggetto passivo ad effettuare la spesa, lasciando così il bisogno, potenzialmente, insoddisfatto.

Con il quoziente familiare una famiglia con un portatore di handicap otterrebbe una riduzione di imposta senza dover comprare la carrozzina per il portatore di handicap che ne rimarrebbe sprovvisto.

Chiarito questo concetto, ci sembra in maniera sufficiente, sulla dinamica del sistema fiscale dobbiamo spendere ancora una parola su cosa sia successo a Roma e prima a Parma.

Le amministrazioni delle due città hanno chiamato “quoziente familiare” o meglio “Quoziente Parma” o “Quoziente Roma” una cosa diversa da quello che abbiamo spiegato.

Il “quoziente familiare” o “Quoziente Parma” o “Quoziente Roma” proposto ed applicato non è un “sistema fiscale”, come il nome, in ogni caso, evoca ma un correttore di un indice l’ISEE (Indicatore dell Situazione Economica Equivalente) basato su parametri come nucleo familiare, età dei figli, condizioni temporanee di difficoltà economica, etc., che determina la possibilità di avere agevolazioni sui servizzi comunali.

La differenza è notevole e sostanziale: in generale, il sistema fiscale agisce sulle imposte (contribuzione economica indistinta allo stato ed enti locali) e su una generalità di contribuenti mentre gli indicatori agiscono sulle tasse (contribuzione economica distinta a fronte di una prestazione) e solo per alcuni contribuenti.

E’ infatti indicativo come questa agevolazione non sia stata applicata dai comuni di Roma e Parma per le imposte da loro riscosse ma solo per alcune  tasse.

Viene, quindi, fatto passare un messaggio (l’adozione di un sistema fiscale a favore delle famiglie) quello che in realtà è un minor costo di un servizio comunale.

 E’ sufficiente far passare la diminuzione dei costi dei servizi comunali come una politica al cui centro si pone la famiglia?

Non dovrebbe essere già compito, normale, degli amministratori ridurre al massimo i costi di gestione degli enti locali?

Di questo passo gli amministratori potranno inventarsi una diminuzione delle multe automobilistiche rivendicando, anche in questo caso, una attenzione per la famiglia.

All’ignoranza sulla tecnica fiscale, come abbiamo visto, si somma la presa in giro se non il ridicolo. 


Luigi Milanesi

lunedì 8 aprile 2013

Ignazio Marino: ecco come (forse) cambierò Roma


Ignazio Marino: ecco come (forse) cambierò Roma
di DOMENICO LOFANO


”Oggi è un punto di inizio. Adesso dobbiamo cercare di arrivare alle elezioni con il programma e un percorso di trasparenza”. Ignazio Marino inizia così la sua conferenza stampa convocata il giorno dopo la vittoria delle primarie del Partito Democratico per la corsa alla carica di sindaco di Roma.
L’esponente del Pd ha vinto con il 50,75% di preferenze, precedendo David Sassoli (28,12%), Paolo Gentiloni (10,87%), Gemma Azuni di Sel (4,91%), Patrizia Prestipino (3,75%,) e Mattia Di Tommaso del Psi ( 1,59%).
“Grazie a tutti coloro che hanno votato ieri – ha detto Marino – sono stati in tutto 100 mila e 78. E un grazie anche ai volontari”. E a chi, al suo arrivo, gli ha chiesto come andava, lui ha risposto: ”Non potrebbe andare meglio”.
“Non sono schiacciato a sinistra”
Marino ha tenuto a precisare che non c’è nessun posizionamento a sinistra da parte sua. “Sfogliando i giornali ho letto di qualcuno che dice che io sono schiacciato a sinistra. Io mi sento una persona libera con un programma basato sulle idee e non sulle ideologie. Non mi piace parlare di alleanze ma insieme dobbiamo dare idee e non formare gruppi che rappresentano interessi”. Il senatore ha parlato anche del voto degli stranieri. “A Roma i rom sono 7.000, neonati compresi – ha sottolineato -. Se avessero votato tutti sarebbero stati una piccola parte dei 100.000 elettori. Come si fa a dire ”Marino ha vinto le primarie dei rom?”, si chiede Marino respingendo così le polemiche sollevate sul voto dei rom.
“Per Alemanno sono un marziano? E’ un complimento”
Marino ha poi risposto alla battuta del sindaco uscente e candidato per il Popolo della Libertà, Gianni Alemanno, che dopo il successo alle primarie aveva definito il candidato del centrosinistra  ”un estraneo a Roma, calato dall’alto: paracadutato in questa città come una sorta di marziano”. “Ho sentito che questa mattina il sindaco Alemanno ha detto che sono un marziano – ha detto Marino -. Lo confermo, rispetto alla politica di questi anni a Roma, sono un marziano. Lo considero un complimento”.
Le dimissioni da senatore
Marino ha fatto sapere ai giornalisti di aver già telefonato “questa mattina al presidente del Senato Grasso per annunciare le mie dimissioni dal Senato”. Ora quindi ogni sforzo sarà concentrato alla conquista della poltrona di primo cittadino della Capitale.

E sul suo profilo Twitter, il neo candidato sindaco lancia già la sua campagna elettorale. “Voglio che Roma sia una città dove la gente sceglie di vivere e di crescere i propri figli. Investiremo su innovazione,ricerca e sviluppo. Per riportare lavoro a Roma, non disperdere le intelligenze”. Marino assicura, in un altro tweet, che non metterà “insieme gruppi di interesse ma idee per le persone che vivono in questa città. Fuori dai palazzi. Non è politica. È Roma”.

Da www.formiche.net del 08-04-2013

martedì 19 marzo 2013

I lupi tornano a vestirsi da agnelli




di Luigi Milanesi

L’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti del Comune di Roma, del Sindaco e delle realtà municipali ripropone la difficoltà dei cattolici, gigante sociale e nano politico, di scegliere con convinzione i propri rappresentanti.

Da quando i cattolici italiani hanno perso un punto di riferimento partitico preciso, ormai circa venti anni, si trovano periodicamente a dover fare scelte elettorali all’interno di contenitori politici che in diversa misura sentono distanti.


Accantonata, a torto o a ragione, l’idea di una sostanziale unità partitica dei cattolici, si è aperto uno scenario che vede protagoniste altre classi dirigenti (politiche ed economiche): quelle che l’esperienza dei cattolici uniti aveva tenuto lontane dalla gestione della società.


Più precisamente, il blocco sociale, economico e politico che i cattolici avevano organizzato intorno alla Democrazia Cristiana riusciva a coinvolgere, mediare e depotenziare spinte di diversa natura.


Così, diverse classi dirigenti - comunisti in attesa della rivoluzione proletaria, fascisti riorganizzati pronti per qualche golpe, forti lobbies economiche internazionali (un ricordo particolare meriterebbe Enrico Mattei) e nazionali - si trovavano costrette a mediare con questa forza politica.


Una mediazione che, di fatto, ridimensionava e depotenziava le loro istanze e le loro aspettative, nel quadro di una costante e rilevante crescita del sistema democratico e delle libertà individuali e collettive.


Quell’esperienza ha coinciso con il periodo di maggior sviluppo dell’Italia in tutti i settori.


Finita la Democrazia Cristiana, il Paese è diventato un campo di battaglia per tutte quelle forze prima compresse.


Così, giganteschi conflitti di interesse, fascisti revisionisti, comunisti in eterna lotta contro il capitalismo, secessionisti e populisti di varia natura hanno diviso e paralizzato l’Italia.


L’Italia si è fermata.


Dal punto di vista esteriore le varie forze in campo non hanno assunto atteggiamenti anticattolici (tranne le solite ali estreme), ma sviluppano intense azioni per la conquista del voto dei cattolici.

Esse vogliono il voto dei cattolici, indispensabile per vincere le elezioni, ma non riconoscono le ragioni dei cattolici.

La libertà di coscienza che tali forze si riservano nelle decisioni sui temi etici è il caso più eclatante.


L’idea e la pratica di una politica senza etica condivisa è riscontrabile nei contenitori organizzati intorno alle classi dirigenti sia di “destra” sia di “sinistra”.


Ad onor del vero, il ruolo sociale dei cattolici viene talora riconosciuto, specialmente dove l’impegno di altre forze nella soluzione dei problemi reali sarebbe impossibile o risulterebbe troppo oneroso in termini di impiego di risorse pubbliche: pensiamo alla sanità, all’assistenza, in parte alla scuola.


Di volta in volta queste nuove classi dirigenti (specialmente in occasione delle campagne elettorali) si fanno paladine di alcuni interessi cari all’elettorato cattolico; per poi, una volta passate le elezioni, dimenticarli.


Parallelamente a questa situazione, persiste nel mondo cattolico una forte divisione culturale: da una parte l’idea (peraltro mai completamente chiarita) che l’unità politica dei cattolici sia un errore, e dall’altra la constatazione dell’irrilevanza della propria presenza quando ci si suddivide in diverse formazioni politiche.


Mancando un convincente punto di riferimento, il voto dei cattolici si è sparso ovunque, senza essere decisivo nelle elaborazioni culturali, negli indirizzi programmatici e nella concretezza dell’azione delle varie formazioni politiche.


Prevale, quindi, la scelta del personaggio o dello schieramento politico che viene percepito come meno distante dalla propria impostazione culturale.


Siamo quindi di fronte ad una prima difficoltà: il voto non è convinto, ma “di necessità”.


Il problema sorge, però, intorno alla percezione di affinità culturale.


Questa percezione viene talmente manipolata, da far apparire una “destra” e una “sinistra” senza storia, nei momenti elettorali, compatibili con la visione cristiana della società.


Questa percezione viene talmente manipolata, da far apparire ragionevole un cattolico che voti un candidato sostenitore della pena di morte, oppure un candidato iscritto alla massoneria, oppure un candidato con trascorsi da terrorista.


Questa percezione viene talmente manipolata, da far apparire addirittura doveroso votare un non cattolico.


Questa opera interessata spinge i cattolici ad un annientamento politico, dividendoli e condannandoli all’irrilevanza.


Partecipi di questa azione, dobbiamo sottolinearlo, sono anche persone in buona fede, cristianamente impegnate, magari interi movimenti

che elaborano le più fantasiose ipotesi di associazione tra cristianesimo e fallimentare ideologie del XX secolo o loro contemporanei rappresentanti, vale per tutti (gli esempi possono essere infiniti da una parte o dall’altra) la confusione tra croce cristiana e croce celtica.

Naturalmente qualche interesse di bottega ammantato di difesa dei “valori” è evidente, qualche carrierismo personale qualche miseria culturale se non proprio ignoranza totale, qualche disponibilità al salto sul presunto carro del vincitore fanno parte dell’agire umano anche di fronte all’evidenza oggettiva dei fatti come la mala morale o la mala gestione.


Insomma talvolta in buona fede e qualche altra volta . . .  lupi che si travestono da agnelli.


A questo bisogna reagire.


La reazione è di tipo culturale e di tipo pratico.


Dal punto di vista culturale, occorre chiarire che i cattolici non possono aderire a formazioni o movimenti che non abbiano specificatamente un’ispirazione cristiana, che i cattolici non possono affidare la propria rappresentanza a personaggi non cattolici e che i cattolici impegnati in politica devono testimoniare con i loro comportamenti la propria ispirazione.


Per gente come noi la politica è disponibilità umana e santità, quando votiamo, quando ci propongono un candidato, una coalizione dobbiamo misurare la storia dalla distanza da questi aspetti ed essere tranquillamente disposti a dire: no grazie.


Dal punto di vista pratico, coloro che hanno medesime sensibilità è naturale che si ritrovino in medesimi contenitori.


Questo non significa un’acritica accettazione di formule preconfezionate, non significa una delega in bianco a nessuno, non significa, in nome dell’unità, l’accettazione di comportamenti non condivisibili secondo la nostra morale.


Significa semplicemente che se saremo uniti saremo forti, se saremo forti saremo liberi...


venerdì 18 gennaio 2013

Europa e adozioni


L’Europa sembra ormai avviata verso la totale accettazione dell’adozione da parte di single e di coppie di fatto lasciando presagire che presto l’Italia dovrà adeguare la propria normativa in materia.
Inoltre, spesso in occasione della chiusura degli orfanotrofi si è tornati a parlare del problema dei bambini abbandonati e della necessità di aggiornare la normativa che regola l’adozione al fine di abbreviare ed ottimizzare i tempi per la realizzazione del progetto adottivo.
Senz’altro tutti i genitori adottivi che abbiano “subito” il lungo iter burocratico per arrivare all’adozione, sperano che presto venga fatto qualcosa. E’ un desiderata comune, infatti, proprio la revisione di tutta la normativa nazionale sia in termini di semplificazione amministrativa, sia in termini di snellezza di procedure , sia in termini di riduzione dei tempi di attesa e dei costi.
Sicuramente l’apertura alle coppie di fatto, considerato l’attuale ritardo delle coppie in genere ad arrivare al matrimonio e le diverse scelte possibili, potrà facilitare qualche adozione in più rispetto alle attuali e forse non è negativa anche l’apertura alle adozioni da parte di single per evitare la permanenza nelle case famiglia dei minori abbandonati.
Le difficoltà economiche che oggi i giovani incontrano quando decidono di costruire un nucleo familiare possono solo aggravarsi con il diventare genitori, anche se in questo caso non cambia essere genitori naturali o adottivi.
Inoltre, è noto l’elevato numero di coppie in attesa di adozione che non riescono a veder realizzato il loro percorso sia in ambito nazionale che internazionale, coppie che aspettano ormai da anni con i decreti di idoneità già ufficiali ma che fanno parte di lunghe liste di attesa spesso causate da motivazioni poco chiare  e trasparenti: la difficoltà di adottare minori italiani e i molteplici vincoli che altri stati impongono per i minori stranieri.
Infine la riflessione più importante è quella che nasce dalla personale esperienza di adozione che rende quotidianamente indispensabile la presenza di una coppia affiatata, salda  e stabile che riesca ad affrontare le precipue difficoltà scaturenti dalla genitorialità adottiva.
La contestuale presenza del padre (uomo) e della madre (donna) sono fondamentali per la crescita equilibrata del minore che ha subito l’abbandono da parte della figura materna, che non ha quasi certamente vissuto alcun rapporto con la figura paterna e che deve rapportarsi ad un adulto per poter costruire la propria individualità. E’ indispensabile che l’adulto di riferimento riesca a comunicare stabilità emotiva e psicologica e riesca a dare le certezze necessarie affinché il minore si senta accettato, protetto, amato e accompagnato nella sua crescita psicofisica.
Pur ritenendo in linea di principio che, per un bambino abbandonato, sia meglio essere comunque adottato, anche da un solo genitore o da una tipologia particolare di coppia, piuttosto che rimanere in istituto senza specifici rapporti affettivi; va affermato con forza che, prima di queste adozioni alternative, dovrebbero essere completamente esaurite le liste di attesa da parte di famiglie “secondo natura” e, solo quando per il minore non vi fosse altre possibilità, scegliere soluzioni diverse.
Alla base di questa affermazione l’esperienza personale di genitori adottivi di minori già grandi che nel giro di pochissimo tempo dall’essere diventati genitori si sono dovuti scontrare con le problematiche della filiazione adottiva “aggravate” da quelle tipiche dell’adolescenza.
In primo luogo, perché il minore adottato avendo sofferto principalmente l’abbandono da parte della madre è quindi  portato a contestare e  a difendersi , per paura di un nuovo abbandono, dalla nuova figura materna.
Questo fatto nella vita di tutti i giorni rende indispensabile la figura maschile, paterna, che diventa il solo tramite con il femminile e che riesce, attraverso la dimostrazione di amore e fiducia nella madre, a far si che il figlio impari a fidarsi e ad amare di nuovo senza timore.
In secondo luogo d’altra parte, l’eventuale assenza di una figura femminile, materna, nella vita del minore abbandonato impedirebbe il superamento del trauma iniziale e non favorirebbe il riformarsi del rapporto di amore e fiducia verso la parte femminile di sé stesso e del mondo necessaria alla crescita equilibrata del minore.

genitoriadottivi@yahoo.it

giovedì 10 gennaio 2013

Una idea di scuola


Presi dai problemi della crisi economica sembra che molte tematiche siano scomparse dalle riflessioni, così tutto sembra sospeso: sono scoparsi i ragionamenti su scuola, lavoro, sanità, casa.

Tutto sembra essere passato in secondo ordine rispetto alla necessità, giusta, di far quadrare i conti, che poi senza molta fantasia si tratta di trovare il modo di aumentare l’imposizione fiscale e tagliare le spese statali.

Eppure i problemi rimangono presto o tardi qualcuno dovrà riprendere il filo di un ragionamento  politico su come deve essere impostato il nostro paese.

Sulle politiche della scuola, del lavoro, sulla sanità sull’abitazione.

Passati i professori e ristabilito l’equilibrio economico dovremmo tornare a capire cosa la nostra società vuol fare.

Approfittiamo, quindi, di questa tregua per alcune riflessioni sul nostro modo di intendere la scuola sperando di aprire un dibattito utile al nostro paese.

In estrema sintesi individuiamo nella scuola pubblica il compito principale nell’esercizio dell’istruzione intesa come l’insieme delle azioni tese all’insegnamento, divulgazione ed approfondimento delle conoscenze della cultura umana e alla famiglia l’educazione intesa come il complesso delle azioni tese ad inserire l’istruzione ricevuta all’interno di un determinato quadro di valori.

Il tentativo di dare alla scuola pubblica una valenza valoriale è continuo; esso è preminente in tutti i sistemi politici prettamente dittatoriali, talvolta è presente anche nei modelli comunemente definiti come democratici da parte delle organizzazioni, in quel momento, esercitanti il potere.

La difesa del momento educativo diventa, quindi, la difesa delle libertà individuali contro la possibile dittatura della maggioranza.

Quando l’esercizio del momento istruttivo pubblico si accompagna alla divulgazione di valori e messaggi contrari a chi esercita il momento educativo evidentemente si creano delle frizioni.

Non esiste un concetto di subalternità del momento istruttivo a quello educativo (o viceversa) vi è solo distinzione di esercizio e di finalità, quindi, sarebbe opportuno che i due ambiti si fondessero o confondessero con dovute cautele e sempre tenendo presente i reciproci limiti.

A questa impostazione è opinione corrente che si assegni alla scuola pubblica anche il compito di veicolare valori ma rimangono irrisolte alcune questioni come ad esempio quali valori proporre; in concreto questa impostazione si risolve nell’esercizio di uno stato etico (l’idea di uno stato che pone se stesso come fonte dell’etica) o nella prevaricazione di una lobby educativa che altrimenti, nella società, non riesce ad affermarsi.

Fissato uno standard minimo, tuttavia, non vi è ragione di limitare la libertà di costruire percorsi istruttivi complementari, integrativi o sostitutivi di quelli effettuati nelle scuole pubbliche.
  
Rimane, nel dibattito, (che in verità sembra essere la vera questione) il problema delle risorse e la loro ragionevole ripartizione tra gli interessati (insegnanti, studenti, personale non docente, strutture, etc.).

Su questo non devono esserci equivoci, una volta assegnata all’istruzione pubblica il compito di realizzare un determinato iter formativo è fondamentale che siano forniti tutti i supporti economici necessari al conseguimento dell’obbiettivo, in termini di adeguata remunerazione del personale, adeguatezza delle strutture e disponibilità di fondi per la ricerca.

Fatta questa premessa è ragionevole trovare uno o più parametri per la ripartizione degli stanziamenti pubblici: in base al numero degli utenti, in base al numero degli utenti che concludono il ciclo di studi, in base a meccanismi di deduzione degli imponibili fiscali delle famiglie degli utenti o di detrazione dalle imposte delle stesse famiglie.

Sono sicuro che così impostata la questione della scuola possa far sedere tutti intorno ad un tavolo per intraprendere le iniziative atte a modernizzare questo settore fondamentale per il nostro sviluppo, sempre che non si voglia continuare in strumentalizzazioni ideologiche che solo servono a compromettere negativamente il futuro nostro e delle prossime generazioni.

 Luigi  Milanesi

Tre considerazioni.

La prima è che dobbiamo impegnarci affinché venga adeguatamente spiegata la nozione di Terzo Polo.
In molti ci chiedono cosa sia e quale sia la sua funzione.
Non è sufficiente la denuncia del fallimento di questo bipartitismo muscoloso che ha condannato l’Italia alla paralisi, non è nemmeno sufficiente la costruzione di una casa comune degli scontenti o degli espulsi dei due poli.
In pratica dobbiamo trasmettere un’anima a questa formazione e questa anima deve essere condivisa da tutti i partecipanti.
Per quanto mi riguarda allora, convinto da questo entusiasmante progetto, prendendo in prestito le parole ricorrenti nello statuto di un altro partito, penso che sia necessario, senza complesso alcuno, comunicare la nostra intenzione di ricostruire un polo nazionale, popolare, aconfessionale di ispirazione cristiana coniugando l’orgoglio dell’essere stati, nel passato, dalla parte giusta della storia con la certezza di indicare, oggi, al nostro popolo la via migliore per la crescita.

La seconda è che dobbiamo porre in maniera inequivocabile la questione della legalità.
Non ricostruiremo la passione ed il ruolo della politica se non poniamo la questione della legalità come elemento costitutivo della nostra testimonianza: controllo del territorio, efficienza della pubblica amministrazione, certezza del diritto e della sua osservanza, lotta alle mafie che soffocano il nostro futuro.
Sul queste concretezze ci dovremo misurare e su questo sarà valutata la nostra testimonianza.

La terza è che dobbiamo modificare l’attuale modello economico che coniugando precarietà nel mondo del lavoro e riduzione dello stato sociale sul fronte pensionistico mina la stabilità delle nostre famiglie.
Non possiamo accettare una politica economica che socializza le perdite e privatizza i profitti e che individua nei tempi difficili come unica soluzione la contrazione degli investimenti in scuola, sanità e servizi e nei tempi migliori indirizzi alle imprese le risorse aggiuntive.
Dobbiamo riprendere in mano la battaglia del giusto valore del lavoro da cui dipende in ultima analisi la vita e la dignità di ognuno di noi e dei nostri figli.