mercoledì 31 luglio 2013

FIGLI NATURALI FIGLI LEGITTIMI

E’ di questi giorni la notizia che arriverà in Consiglio dei Ministri il provvedimento del governo di attuazione della legge delega approvata dal Parlamento nel 2012 sulla parificazione tra figli legittimi e figli nati  fuori dal matrimonio. Provvedimenti, da molti ed anche da noi, salutati come positivi e doverosi. Ci sembra, ulteriormente, opportuno riflettere come il legislatore si sia occupato di tutelare gli interessi dei figli nati fuori dal matrimonio parificandoli a quelli legittimi senza porsi il problema che questi figli in costanza di un contesto matrimoniale (concepiti durante il rapporto matrimoniale), sono la conseguenza di una rottura dell’obbligo reciproco di fedeltà previsto per i coniugi dall’articolo 143 del codice civile. Chiediamo e ci chiediamo: la rottura dell’obbligo di fedeltà non dovrebbe trovare una adeguata cornice giuridica a tutela degli interessi morali e materiali degli altri componenti della famiglia? Se è opportuno e meritevole tutelare le conseguenze degli atti di un coniuge (i figli non possono essere responsabili dei comportamenti dei genitori) non è altrettanto opportuno e necessario tutelare gli altri membri della famiglia da azioni concretamente tese a violare gli impegni liberamente presi dal coniuge stesso? Il venir meno alla parola data, il cosciente, consapevole, meditato e premeditato minare un progetto di vita solennemente, liberamente, in privato e in pubblico sottoscritto non desta allarme sociale tanto quanto la necessità di tutelare gli effetti di questi comportamenti? Evidentemente il legislatore non solo non ritiene l’esplicita e consapevole violazione dell’obbligo di fedeltà un crimine (al massimo giustifica la richiesta, di parte, di divorzio dell’altro coniuge) ma ritiene il soggetto che si è reso responsabile ancora meritevole di educare mantenendo intatti i suoi diritti di potestà genitoriale, come se l’esempio dato con i propri comportamenti fosse, nei confronti della società, del coniuge tradito, della prole, meritevole ed approvabile o, in ogni caso, irrilevante ai fini educativi. Crimine sembra una parola forte? Cosa dire allora delle situazioni in cui un coniuge contrae malattie, anche mortali, durante rapporti sessuali extraconiugali e le trasmette, consapevolmente o inconsapevolmente,  al coniuge ignaro? Non dovrebbero esserci gli estremi del tentato omicidio? L’aspetto della fedeltà non è l’unico punto di rottura, nel contesto segnalato, del contrattto matrimoniale. Vi è anche quello dell’obbligo di “collaborazione nell’interesse della famiglia” sempre riportato dall’articolo 143 del c.c. Un momento importante della nostra legislazione perché conferisce ai concreti comportamenti dei coniugi una rilevanza non solo reciproca ma anche nei confronti di terzi (gli appartenenti alla famiglia). Le relazioni extraconiugali sono improntate ad un rafforzamento “dell’interesse della famiglia” o ad un suo indebolimento? Se riteniamo, per scelta per scienza o coscienza che possano costituire un indebolimento non possiamo non chiedere al legislatore di attivarsi a tutela dell’istituto matrimoniale. Se riteniamo, per scelta per scienza o coscienza che possano costituire un rafforzamento non possiamo non chiederci che modello di società stiamo costruendo? Fino a che punto la disarticolazione dei rapporti matrimoniali e familiari, come li conosciamo e li abbiamo codificati, sia un momento di libertà e non un limite alla crescita individuale e collettiva della nostra società. Dopo la legislazione sul genere (cittadinanza di genere, preferenze elettorali alternate per genere, violenza di genere) che ci vorrebbero privare della naturale suddivisione dei sessi, ci sembra che dietro alla legislazione sulla parificazione dei figli si nasconda la volontà di rendere la compromissione del contesto matrimoniale, in questo caso in relazione all’aspetto della fedeltà e della collaborazione nell’interesse della famiglia, come normale, accettabile ed accettato.  Luigi Milanesi